#giullaresenzaradici

A cura di Susanna Tartari
Fotografia di copertina di Emanuele Bonelli
Fotografie a corredo di Giulia Pagni e Emanuele Bonelli

Tiziano Casole, nato sulle rive del fiume Adda – vicino al famoso “ramo del lago di Como” – e vissuto tra Toscana, Veneto, Puglia, Lombardia e resto del mondo. Marito e padre di una splendida bambina, è un artista noto al mondo della rievocazione storica, grazie al suo spettacolo di Giullare senza radici.
“Allora, tengo a precisare che si scrive tutto attaccato, quasi per dichiarare che, l’identità nomade che richiama il nome stesso, abbia comunque un’anima integra e solida, quindi se mi permetti; con un inchino mi presento, Giullaresenzaradici per donare a voi il suo sentimento. L’idea del nome mi venne quando, nel 2010, cominciai il percorso artistico da Giullare in solitaria. Quale nome migliore di questo per uno zingaro come me?”

Confesso che, avevo pensato che questo nome originale, ti fosse stato dettato dal tuo passato di pattinatore. Veloce come il vento sopra un “treno” di rotelle?
“In effetti, prossimo ai quarant’anni, potrei dividere la mia vita in due parti uguali. La prima, catapultato nel mondo dello sport, come anticipato da te, nel mondo del pattinaggio corsa.
Negli ultimi anni da atleta, sono stato in nazionale e questo, ha fatto si che viaggiassi parecchio in Europa e, quando stavo per raggiungere il sogno di partecipare ai campionati del mondo in Colombia, con i bagagli già pronti, mi si perforò il timpano, obbligandomi a dare l’addio, per sempre, al mondo sportivo. Indubbiamente il mio essere nomade nasce anche dal mio trascorso da atleta, ma soprattutto da una innata voglia di scoprire sempre realtà nuove nelle quali mettermi in gioco”.

Il tuo approdo al mondo della Rievocazione Storica, coincide con l’abbandono del pattinaggio?
“Se ricordo bene era il 2005, io e mia moglie Gennifer ci eravamo trasferiti in Toscana da un paio di anni, nella stupenda città di Pistoia. Sono una di quelle persone che crede che, nella vita, gli incontri non avvengano mai per caso e fu proprio durante il Palio di Pistoia, alla quale si partecipava come semplici spettatori, che conoscemmo Monia e Andrea, due sani folli proprio come noi. entrambi ci parlarono del loro gruppo rievocativo, il Sestiere Castellare di Pescia. Un po’ per gioco ed un po’ per curiosità, cominciammo a girare per le piazze di tutta Italia assieme a quell’associazione, che, all’epoca, animava e riempiva le più grandi rievocazioni del nostro stivale”.

Avresti mai pensato, mentre studiavi teatro a Milano, che un giorno ti saresti cimentato nell scrittura di spettacoli adatti alla rievocazione storica?
“Assolutamente no. Quando smisi di fare sport entrai in una crisi profonda, avevo passato una vita a cercare di raggiungere alti livelli e proprio quando vi ero riuscito, il destino cadde su di me, mandando all’aria gli ultimi due anni di duri allenamenti. Mi ripresi solo quando decisi di iscrivermi ad una scuola di Teatro a Milano, Campo Teatrale. Il mio vero sogno, sin da piccolo era quello di salire su un palcoscenico. Ricordo, quando a dieci anni entrai al Donizzetti di Bergamo per una premiazione, salii sul palco e provai una sensazione meravigliosa, ero sereno ed in estasi, mentre calpestavo quelle assi di legno che, ancora oggi, amo ascoltare.
Quando mi trasferii in Toscana, proseguì la mia formazione attoriale con laboratori stabili e workshop. Capii finalmente, dopo anni di studio, che quella del teatro drammatico classico, non era la mia strada ed ecco che il fato si presentò nuovamente con l’opportunità di diventare Giullare anche se di Giullari non ne sapevo un bel niente”.

Poi, assieme al Castellare di Pescia, hai vissuto, con la tua famiglia, al Castello di Zumelle. Come si vive in un castello medievale?
“Era il 2014, la famiglia si era allargata. Con l’arrivo di nostra figlia Angelica eravamo tornati a vivere in Puglia, quando mi arrivò la telefonata del presidente del Sestiere Castellare, Pierfancesco Pieri. Da anni ormai, io avevo intrapreso la strada da solista quando il Sestiere Castellare vinse il bando di gestione decennale di un Castello medievale situato in Veneto, in provincia di Belluno, ai piedi delle Dolomiti (Leggi qui l’articolo su Zumelle). Quando lo vidi, era esattamente come quando da bambino disegni un castello su di un foglio, come prima cosa fai una collina, in cima ad essa posizioni il maniero e intorno montagne…eccovi Zumelle. La proposta che mi venne fatta fu quella di seguire la Direzione Artistica di questo Castello che sarebbe diventato un Parco tematico Medievale. Feci un primo sopralluogo e tornando in Puglia parlai con mia moglie della cosa. Decidemmo così di trasferirci in Veneto, dove mia figlia di tre anni divenne davvero una principessa. Scherzi a parte la bimba ha un ricordo bellissimo di quell’anno passato all’interno del castello, noi invece la ricordiamo come un’esperienza lavorativa che è servita e servirà… ma provate a chiudere dei nomadi nello stesso spazio per più di un anno, questi impazziscono. Eccoti la risposta alla domanda. Pur non rimpiangendo assolutamente, questa nostra parentesi di vita”.

Giullare a Corte è un progetto iniziato a Zumelle? Ora dove lo stai portando?
“Giullare a Corte è il titolo del mio spettacolo comico medievale, questo non è nato per Zumelle. Anche se, in quell’anno passato al castello ho avuto modo di lavorarci molto, grazie alle molteplici occasioni in cui mi sono esibito. Il titolo in realtà è l’unica cosa che, dal 2006 è rimasta invariata. Entrato nel mondo della rievocazione muovevo i primi passi da Giullare con una formazione attoriale, osservavo i mostri sacri, alcuni presenti ancora oggi sulla piazza, rendendomi conto che essere attore non poteva bastare, così mi misi a studiare, prima giocoleria, fachirismo e via via fino ad oggi, dove Giullare a Corte continua a mutare insieme alla mia personalità. Del resto, il bello del mio mestiere è che non vi sono regole per esprimersi durante uno spettacolo, non c’è un giusto o un sbagliato ma vi è solo ciò che si è”.

So che la rievocazione storica, impegna solo una parte della tua vita lavorativa. Quali sono gli altri tuoi progetti artistici?
“ In Toscana ho imparato questo detto: ne vuoi fà troppe e non ne fai bene una.
Ecco, direi che mi rispecchia parecchio, in quanto, se pur in modo pacato, mi ritengo un folle pericoloso. Se mi metto in mente una cosa, cascasse il mondo, la realizzo. Magari anche dopo anni, ma ci arrivo. Tutto questo, mi ha portato sin dal 2002 – quando insieme a mia moglie aprimmo una ludoteca per bambini in provincia di Milano, realizzando spettacoli per i più piccoli – a sperimentare e realizzare diversi viaggi in questo mondo espressivo. Teatro di prosa, teatro ragazzi, cabaret, cene con delitto, teatro di strada, clown…. Questo è stato possibile anche grazie alla passione che ho per la scrittura. Nel 2012, ho pubblicato il mio primo libro di poesie dal titolo Speriamo almeno in questo Naufragio. Ho scritto diversi monologhi per spettacoli teatrali e rievocativi e proprio quest’anno sono alle prese con un romanzo . Credo che avere la possibilità di esprimersi, sia bello in ogni sua modalità e spero di provare a farlo ancora in altre sfumature”.

Siamo arrivati al termine di questa intervista ma c’è una cosa che ancora mi incuriosisce di te. Come mai, un artista con una formazione teatrale e l’esperienza maturata in tanti anni di professione, scende in strada a fare cappello?
“Questa domanda mi fa un pò sorridere. Avendo una formazione di base teatrale non ho mai avuto lo spirito del CAPPELLO. Nasce tutto in realtà da una richiesta di mia figlia di qualche anno fa. Vivendo da anni, ormai, in Salento, in estate non è difficile imbattersi in artisti di strada che fanno cappello e mia figlia una sera mi disse: “Papà tra un viaggio e un altro dei tuoi spettacoli, possiamo andare anche noi?
E così, un po’ per gioco e un po’ per insegnare ancor di più il valore di libertà – che può donare il nostro mestiere – a nostra figlia, iniziammo a portare i nostri spettacoli in strada sotto il nome di Senzaradicifamily…ovviamente tutto attaccato.

E io appassionata di comunicazione, non posso fare altro che aggiungere un hashtag al titolo!

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