Una Rievocazione riuscita?

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta
Le fotografie sono di Gioacchino Sparrone, che ci ha dato l’autorizzazione a sceglierle nel suo ultimo album dedicato al ‘600.

Quand’è che possiamo dire che una RIEVOCAZIONE è realmente riuscita? Quando un Comune/Proloco/Ente che ha sponsorizzato l’evento e ne ha pagato le spese per la realizzazione può dirsi realmente soddisfatto della RIEVOCAZIONE che ha organizzato?

Lo scorso fine settimana si è tenuta una Rievocazione Storica nel paese in cui sono nato e in cui vive ancora la mia famiglia. Purtroppo, nonostante la grande qualità degli abiti e armamenti dei rievocatori e i loro sforzi di simulare una ipotetica battaglia del XVII secolo, l’evento è stato snobbato sia dai turisti che dagli stessi abitanti del paese. Ed è un peccato perché questo paesello non si trova nel mezzo del deserto del Sahara, ma a 8 km dalle trafficatissime vie turistiche del basso Lago di Garda.

Ma prima di dare risposta alla domanda iniziale debbo aimé porne un’altra: a cosa serve una rievocazione storica?

Molti non addetti ai lavori diranno che si tratta di uno spettacolo, un grande show con decine o centinaia di figuranti in abito storico che ricordano un evento storico importante. Potremmo asserire che la Rievocazione ha l’intento di valorizzare e riscoprire le tradizioni storico-culturali di un popolo/paese/comunità.

Lo scopo è ricordare le gesta di uomini e donne del passato che hanno fatto qualcosa di importante. Certo, gli spettatori, o meglio la comunità ne deve essere consapevole, deve conoscere (anche solo per sommi capi) gli eventi rievocati, deve capirne l’importanza e magari un po’ sentirseli vicini. Insomma quello spettacolo dovrebbe lasciare qualcosa alla gente che lo ha visto.

Per i rievocatori storici magari la cosa è un po’ più complessa. Da appassionati della storia quali sono, i reenactors si documentano sulla base delle fonti e cercano di riportare in vita un momento preciso della storia ricostruendo repliche di reperti archeologici (armi, utensili, abiti ecc.) e usandoli nel modo corretto. Si parla dunque di “archeologia sperimentale”. di “ricostruzione”, di “living history” un modo in cui si può capire meglio il passato. Per molti rievocatori, ma purtroppo non per tutti, è di fondamentale importanza la didattica. Suscitare la curiosità del pubblico che è venuto a curiosare e in qualche modo trasmettere la passione per la storia, soprattutto ai più giovani. Ma non si tratta di semplice nozionismo come qualche vecchio rievocatore insiste ad affermare. Oggi, i rievocatori, quelli che a mio avviso sono da considerare “bravi”, sono quelli abili nella comunicazione, sono un po’ teatranti e affabulatori, sono quelli che coinvolgono il pubblico con i loro racconti, affascinano i visitatori chi con le armi, chi con gli abiti e l’oggettistica, chi smontando fal+-si miti e stereotipi. Ciò che fa la differenza con i figuranti di una sfilata, (per capirci quelli che sono messi lì a fare presenza, che indossano un abito di foggia “strana”, ma non ne capiscono né l’importanza storica né la funzione) è la capacità di interpretare coerentemente il personaggio proposto, raccontando con parole e gestualità la vita di un tempo.

A questo punto penso abbiamo identificato a grandi linee gli elementi essenziali per offrire una buona RIEVOCAZIONE STORICA: la professionalità e la competenza dei rievocatori e la presenza di un pubblico che venga a vedere l’evento.

Si, perché una rievocazione senza pubblico diventa uno sforzo inutile e avvilente per chi l’organizza e la sponsorizza, ma soprattutto per chi la fa. Stare ore ed ore in abiti di lana o con un’armatura addosso in mezzo ad una piazza deserta con 38°C può risultare un pizzico seccante se non addirittura quasi surreale. Immaginate una rievocazione di un evento bellico con accampamenti e centinaia di rievocatori perfettamente abbigliati secondo la moda del tempo che si svolge al centro di un enorme parco cittadino e … nessuno che la va a vedere! Credo sia terribile per chi ha sborsato qualche decina di migliaia di euro rendersi conto del “flop” gigantesco che ha fatto il suo evento. Ovviamente, tra gli scopi dell’organizzatore, immagino ci saranno stati il desiderio di attirare gente per far vedere uno spettacolo interessante e contemporaneamente far conoscere il paese, alimentare il “giro d’affari” delle attività commerciali del posto, proporsi come meta turistica alternativa. Da anni certe località, un po’ decentrate rispetto alle città conosciute, che stanno ai margini dei percorsi turistici più noti e consolidati, usano la Rievocazione storica per attrarre visitatori e far loro conoscere i propri borghi e i propri prodotti. Non c’è nulla di male. Si chiama marketing, per chi non ama l’inglese lo potremmo definire una normale strategia di vendita.

Ecco che abbiamo introdotto un altro elemento che concorre al successo di una manifestazione: il marketing.

Nel 2019, per attrarre pubblico, non bastano più 3 manifesti affissi sui muri del paese o due righe inconsistenti sul quotidiano locale. Oggi la gente è letteralmente bombardata da centinaia di proposte di divertimento. Quindi chi organizza deve essere pratico dei mezzi di comunicazione e investire una parte del budget in strategie di comunicazione. Ci vuole lungimiranza, competenza e amore.

Vi chiederete perché ho aggiunto la parola “amore”. Perché per organizzare un evento non bastano i soldi. Ci vogliono competenza, capacità organizzativa, passione, ma anche tanto entusiasmo e quindi l’amore per quello che si vuole offrire e interesse per il luogo in cui si propone l’evento. Come posso pretendere di convincere 700 o 1000 persone a non andare a farsi una passeggiata sul lungolago mangiandosi un bel gelato e pigliare l’auto per venire a vedere la mia manifestazione se io per primo non sono entusiasta di quello che sto proponendo loro? Molti paesini sono riusciti con budget ridicoli di poche migliaia di euro a mettere in piedi dei festival apprezzatissimi e in pochi anni hanno creato un “indotto” per i commercianti del posto. Certo ci vuole tanto tempo, perseveranza, e soprattutto serve la collaborazione del paese stesso. E’ necessaria la collaborazione dei compaesani, bisogna cercare di entusiasmarli, di far loro capire l’importanza di quello che si sta facendo e di quanto potrebbe essere determinante il loro contributo, coinvolgerli in attività utili alla promozione. Studiare con cura il periodo dell’anno migliore in cui realizzare l’evento. Quando una manifestazione viene “imposta” dall’alto e una comunità non “sente” l’evento, è molto probabile che non se ne interessi o addirittura che lo boicotti. Non scordiamo mai la potenza travolgente del passaparola. Il passaparola sui gruppi whatsapp, nelle pagine facebook, su Instagram ecc.. Ci sono ragazzi che hanno pagine lette da 5000 followers e con un paio di foto pubblicate nel modo giusto potrebbero richiamare qualche centinaio di visitatori, e allo stesso modo dei visitatori scontenti o delusi con un paio di post potrebbero distruggere quel po’ di interesse che si poteva creare.

Infine vorrei ricordare una cosa a chi si dovesse mettere in testa di organizzare una manifestazione di rievocazione storica dal nulla. Non basta l’accadimento storico per costruire un evento. Alla gente che non è grande appassionata di storia, poco importa di una battaglia avvenuta centinaia d’anni orsono. Che ci sia il documento originale o meno al pubblico interessa poco, anzi probabilmente nulla. La massa vuole lo spettacolo, la curiosità, l’intrattenimento, la sensazione di andare ad una festa. Questo non significa rinunciare alla correttezza storica dei rievocatori. La loro professionalità è quel quid, quel “di più” che verrà apprezzata col tempo ma… bisogna che la gente venga a vederli per innescare quel “giro di turisti e visitatori” che l’organizzatore desidera. E credo non sia difficile capire che nel momento in cui la gente viene a curiosare, un po’ timida e con un filo di scetticismo, l’organizzatore deve fornire tutte quelle cose che fanno della semplice rievocazione una festa. Ma non è mia intenzione dare lezioni di marketing o di storia a nessuno. Desidererei solo che il mio punto di vista di cittadino e rievocatore fosse preso in seria considerazione.

Con la speranza che questo mio scritto possa essere di qualche utilità per suscitare una riflessione costruttiva.
Fabio S.

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