Home restaurant nel nome di Bacco

La storia tra le pentole – capitolo 1

di Federica Garofalo

Con questo articolo inizieremo un viaggio in un aspetto molto particolare della rievocazione storica: quello di chi racconta la Storia attraverso i sapori. Cuochi, pasticcieri, gastronomi, che in mezzo a fornelli e pentole cercano di ricostruire gusti dimenticati e ormai inusuali ai moderni palati: noi li incontreremo, e, sulla scia delle loro ricette, viaggeremo tra varie epoche e varie forme di cucina concludendo con una ricetta finale. Forme come l’ home-restaurant (la “cucina a domicilio”), che negli ultimi anni, complice la crisi economica, ha conosciuto un vero e proprio boom: nato come una sorta di hobby amatoriale per gli appassionati di cucina, anche con l’aiuto dei social network, si è in breve trasformato in un vero e proprio fenomeno imprenditoriale, tanto da suscitare la preoccupazione della ristorazione tradizionale e da aver necessitato di particolari normative per disciplinarlo.

Tuttavia, non si può definire un home-restaurant nel vero senso della parola il progetto Il Cuoco delle Menadi, dedicato alla cucina dell’Antica Roma, creato dal napoletano Pasquale Sarnataro; è una vera e propria associazione culturale per lo studio della cucina antica, ma la modalità delle cene culturali che propone è quella dell’ home-restaurant, perlopiù nella casa di Pasquale a Ponticelli, nella periferia di Napoli.

«Di formazione, io non sono un cuoco, nella vita faccio altro,» tiene a precisare Pasquale. «Ho lavorato un paio d’anni nella cucina di un ristorante, e poi nella mensa di una comunità. Sono sempre stato curioso, però delle origini del cibo, e il progetto Il Cuoco delle Menadi è nato proprio dall’unione di questa curiosità con la mia passione per la mitologia e la filosofia.»

Ma perché scegliere la formula dell’home-restaurant?

«La nostra è un’associazione culturale che ha nello studio e nella divulgazione della cucina della Roma Antica il suo fulcro di interessi,» tiene a sottolineare Pasquale. «Lo studio delle ricette passa attraverso i libri, le visite ai musei, la partecipazione a convegni, incontri di archeologia e successivamente con tante ore in cucina a sperimentare e trovare le armonie in ricette che il più delle volte sono un semplice elenco di ingredienti. La divulgazione avviene invece in due modalità: la prima è puramente didattica ed è rivolta a scuole, associazioni, musei, ecc., che intendono avere un incontro di approfondimento sull’argomento cucina antica. C’è poi una divulgazione in modalità “full immersion”: la  partecipazione alle nostre Archeocene. Proponiamo agli ospiti delle nostre cene culturali un vero e proprio banchetto dell’epoca con le tipiche fasi (Gustatio, Prima Mensa, Seconda Mensa e ovviamente il Simposio) con un menù stagionale e a km0 per quanto possibile, con la degustazione di vini dall’alta riconducibilità storica e con le chiacchiere da convivio rivolte alle tradizioni a tavola degli antichi romani. La formula che ne è uscita fuori è quella dell’home restaurant: abbiamo un numero molto limitato di posti disponibili e ci si siede intorno ad un unico tavolo, ci si conosce, c’è convivio. L’unica formula che può sintetizzare tutto ciò è l’home restaurant, anche se di fatto non lo è.»

Ma qual è l’approccio da cui si deve partire per proporre una cucina così particolare?

«Quando si studia una cucina antica ci si deve confrontare con qualcosa che il più delle volte non è “ben definito”,» osserva Pasquale. «Le fonti delle ricette antiche sono spesso frammentarie e comunque poco precise (lo dicevo anche prima, spesso le ricette sono un semplice elenco di ingredienti senza dosi e anche senza procedimenti). Questo approccio di studio è sicuramente diverso dallo studio di una cucina etnica contemporanea, per fare un esempio. Il lavoro consiste nel recuperare una fonte e confrontarla il più possibile in maniera incrociata con altre, indagarne l’evoluzione nelle cucine regionali o ancora confrontarsi con le interpretazioni di altri archeocuochi della stessa ricetta, se esistente. Poi si passa in cucina e il lavoro diventa quello di creare un piatto in equilibrio ed armonia con i vari ingredienti spesso molto particolari, vedi il garum

Una delle caratteristiche delle Archeocene de Il Cuoco delle Menadi, è che persone che non si conoscono possono incontrarsi allo stesso tavolo; e non ci si limita a mangiare, ogni piatto viene spiegato, a partire dalla presentazione, e le portate sono intervallate da autentici giochi antichi come i dadi e da storie di déi e di uomini.

«C’è una forte interattività nelle Archeocene,» tiene a sottolineare Pasquale. «Tra riproduzioni di oggetti antichi (alcuni acquistati in giro, altri autoprodotti), la rievocazione di attività dell’epoca, tra aneddoti e racconti, lasciando lo spazio a tutte le domande degli ospiti, la cena risulta essere molto coinvolgente. È capitato finanche che gli ospiti si conoscessero a tavola e proseguissero con un rapporto di amicizia successivamente. C’è convivialità. Credo inoltre che un linguaggio semplice, preciso e diretto (che mi appartiene) sia la chiave di tutto. Ognuna è unica ed è un’evoluzione della precedente, ovviamente il proposito costante è la voglia  migliorarsi sempre: le nostre Archeocene sono esperienze tra cibo, vino e cultura che difficilmente si possono raccontare, bisogna viverle.»

Quello che Pasquale evidenzia, è che il suo progetto è un continuo work in progress, con un costante lavoro di studio e di ricerca per sperimentare nuove ricette. Il suo “pallino” è la divulgazione didattica, nelle scuole e nei musei, far capire al pubblico che la cucina antica ha molti elementi in comune con una dieta salutare e antropologicamente e culturalmente vicina a noi.

 

Ricetta – Moretum

ingredienti per 4 persone:
– 150 gr ricotta di pecora asciutta (la facciamo riposare un paio di giorni in frigo)
– 40 gr di pecorino stagionato grattugiato grossolanamente (consiglio un prodotto sardo)
– 40 gr di pinoli o noci o un misto tra i due.
– Mezzo spicchio di aglio ridotto in poltiglia.
– Una discreta quantità di foglie di sedano, prezzemolo e rucola tritato fine
– Mezzo cucchiaino di pepe macinato e mezzo di coriandolo macinato
– 2 cucchiaini di aceto di vino bianco
– 2 cucchiai di colatura di alici oppure un pizzico di sale.

Alla ricotta setacciata vanno aggiunti gli erbaggi tritati. Poi il pecorino e la frutta secca. Infine il pepe, l’aceto, la colatura e l’aglio. Questi ultimi quattro ingredienti vanno alla fine per essere dosati in maniera corretta. In sintesi, l’armonia della ricetta si ha equilibrando questi quattro ultimi ingredienti. Mescolato il tutto in maniera omogenea si ottiene una crema che, tenuta una mezz’oretta fuori dal frigo prima di essere servita, è perfetta per una fetta di pane, una focaccia Libum oppure una Mola Salsa. In realtà anche da solo il Moretum è perfetto.

(Nota) Moretum è un sonetto di Virgilio contenuto nell’Appendix Virgiliana che ci racconta di Simulo, un umile contadino, e di Scibale, la sua schiava africana. Nel descrivere il risveglio del villano, Virgilio ci regala tra gli esametri una ricetta di una preparazione con del formaggio molto nota nel mondo antico (quella di Virgilio non è l’unica notizia che ci è giunta del Moretum. Altri autori, Columella ad esempio, ci parlano del Moretum).

Simulo, dunque, al risveglio macina del frumento; con la farina ottenuta si prepara una “focaccia” di sola acqua, sale e farina. La mette a cuocere tra i cocci sul fuoco e mentre la cottura va avanti lui va nell’orto. Qui raccoglie dell’ aglio e vari erbaggi. Torna in casa e  sminuzza il tutto; vi condisce un formaggio di pecora che aveva sistemato da qualche parte.

La nostra versione del Moretum tiene conto anche di Columella per la presenza di alcune aggiunte.

La versione di Virgilio prevede una quantità smodata di aglio, veramente esagerata. Ben quattro spicchi d’aglio scrive il Sommo… difficili da “gestire” a colazione. La dose di aglio proposta in questa ricetta è notevolmente diminuita e contemporaneizzata.

(Nota) Il moretum era tanto noto da dare nome al vassoio/mortaio nel quale veniva preparato, il moretarium, appunto.

(Nota) Volendo azzardare, ma neanche troppo, se si invertono le proporzioni tra erbaggi e formaggi si ottiene il pesto alla genovese ante litteram.

(Nota) La versione di Columella è molto più ricca di ingredienti e quindi di sapori: il lusso delle ricette di questo autore è molto distante dalla povera versione Virgiliana.

(Nota) Questa ricetta è una proporzione tra le due versioni.

 

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