LA FRECCIA ROSSA – La corsa più bella del mondo

Testo di Italo Garavaldi
Fotografie di Alessandro Zelioli
Fotografia in copertina, @1000 Miglia Srl

In questo articolo si parlerà di una rievocazione storica itinerante che ogni anno a maggio tocca tante città italiane e assiepa letteralmente di gente le strade: la Mille Miglia, conosciuta anche come la “Freccia Rossa” per le sue tipiche indicazioni segnaletiche lungo il percorso. Questo museo in movimento rievoca la massacrante corsa su strada per vetture sport che si svolse tra il 1927 e il 1957, definita da Enzo Ferrari per primo la più bella del mondo. L’edizione di quest’anno ha attraversato sette regioni, ha toccato più di 200 località, ha visto l’iscrizione di 725 equipaggi di 44 nazionalità e la partecipazione di 450 auto storiche di ben 72 diverse marche.  La mitica corsa storica si disputava in primavera ed era una gara di pura velocità. Nelle prime edizioni l’intero tracciato veniva percorso in circa venti ore, nelle ultime in poco più di dieci. Oggigiorno la sua rievocazione storica è una competizione di regolarità per auto d’epoca che viene comunemente disputata a metà maggio e che si sviluppa normalmente su quattro tappe in altrettanti giorni.

La lettura di un bellissimo libro pubblicato quest’anno sulla figura di Tazio Nuvolari – forse il pilota che più di tutti ha contribuito al mito della Mille Miglia – mi ha aperto le porte di un mondo che, confesso, conoscevo pochissimo e verso il quale nutrivo diffidenza e pregiudizi. A questo volume e ad altri sull’argomento rimando per maggiori dettagli rispetto a quanto riportato sinteticamente nel seguito.

Per raccontare la Mille Miglia, la corsa su strada che sarebbe poi stata quasi unanimemente riconosciuta dagli amanti delle gare automobilistiche di tutto il mondo come la più bella di tutte, si deve partire dalle competizioni in circuito.

Il primo Gran Premio d’Italia si tenne nel Bresciano il 4 settembre 1921 sull’autodromo cittadino di Montichiari. Ben presto, però, Milano volle per sé il primato nazionale nelle corse su circuito e il 3 settembre 1922 si inaugurò l’autodromo di Monza (all’epoca era provincia di Milano). Da allora il Gran Premio d’Italia si sarebbe sempre disputato lì (fatta eccezione per sole quattro edizioni:  a Livorno nel ‘37, a Milano nel ’47, a Torino nel ‘48 e a Imola nel 1980). Sebbene il moderno impianto sportivo monzese rispondesse meglio di un circuito cittadino alle esigenze tecniche di una competizione internazionale così importante, molti appassionati di motori bresciani lo vissero come uno scippo. Insomma, sotto la cenere ardeva un desiderio di rivincita.

Ma Brescia non dovette attendere a lungo per essere risarcita. Una sera di dicembre del 1926, a Milano, a casa del giornalista sportivo Giovanni Canestrini arrivò inatteso il giovane pilota Aymo Maggi con alcuni suoi amici bresciani (il conte Franco Mazzotti, l’esperto corridore automobilistico Renzo Castagneto e il barone Flaminio Monti). Il motivo della visita non programmata era banalmente di chiacchierare delle passioni comuni: le corse, i motori, le auto. Ma si discusse anche del momento di grande difficoltà che stavano vivendo le case automobilistiche italiane nelle competizioni e come porvi rimedio. E proprio sulla necessità di rilanciare il “made in Italy” non fu difficile condividere l’idea che occorresse qualcosa di nuovo, di inedito, che attirasse l’attenzione di pubblico, costruttori e piloti: una sfida tecnica capace di sparigliare le carte e con positive ricadute di immagine sulle marche italiane.

Poteva essere l’occasione per rimettere in gioco la corsa di Brescia, ma fare concorrenza nelle gare su circuito all’imponente impianto di Monza era una sfida persa in partenza. Allora perché non una gara su strada? E magari perché non per vetture sport, più vicine alle automobili che tutti potevano acquistare e più abbordabili anche per chi non era un pilota ufficiale?

Canestrini e Castagneto, con una cartina dell’Italia sulle ginocchia e tra il disinteresse o lo scetticismo iniziale degli altri amici, iniziarono ad ipotizzare vari possibili percorsi e formule, magari ispirandosi al Giro d’Italia o alla Coppa delle Alpi. Ma tutte le proposte si scontravano con difficoltà oggettivamente insormontabili per le loro forze. Nulla da fare, erano idee troppo ambiziose, si doveva pensare a qualcosa di meno pericoloso e di più facile ed economico da organizzare.

C’era poi da considerare che se si voleva dar vita ad un evento importante – siamo in pieno ventennio fascista – la città di Roma non poteva esserne esclusa. Ogni avvenimento di rilievo nazionale doveva avere lì il suo culmine. Questo era un paletto che non si poteva spostare, un tributo obbligatorio al nazionalismo e alla retorica di regime, e i nostri cinque amici lo sapevano bene. D’altra parte, però, si voleva anche ridare a Brescia il posto che le spettava nell’olimpo delle corse automobilistiche.

Perché allora non organizzare una corsa Brescia-Roma?

L’idea sembrò scrollare dal torpore anche gli altri tre amici. Sembrava fattibile. Tuttavia era l’arrivo il momento più importante di una competizione … e quella sarebbe diventata la corsa verso Roma, cioè la corsa di Roma, non di Brescia. Anche questa idea, dunque, non convinceva fino in fondo i quattro bresciani ospiti di Canestrini.

“E se facessimo Brescia-Roma-Brescia?”.

Ed ecco l’idea che metteva tutto a posto! Roma sarebbe stata il giro di boa, il cuore della gara, e Brescia l’inizio e la fine di tutto. E poi la distanza da percorrere: circa 1600 km (appunto 1000 miglia, come sarebbe stata misurata dagli antichi romani tanto cari al Duce, da cui il nome “Coppa delle Mille Miglia”), perfetta per mettere sotto stress uomini e mezzi senza allungare troppo il tempo di gara. Inoltre, dato che il ritorno non ricalcava il tracciato dell’andata, permetteva di toccare molte più località (aspetto non trascurabile a quell’epoca per contribuire alla notorietà dell’evento).

A quel punto fu tale la convinzione che il facoltosissimo Mazzotti si disse disponibile a coprire i costi organizzativi col suo denaro e a far valere la sua posizione per ottenere i necessari permessi  da parte della politica. La macchina organizzativa si mise rapidamente in moto e già nel marzo del 1927 si svolse la prima Mille Miglia, che sarà vinta da una OM (marchio bresciano!).

Nelle intenzioni degli organizzatori sarebbe dovuto essere un evento unico, irripetibile, ma il risalto a livello mondiale che ebbe quella competizione così avventurosa fu tale da far intuire a Mussolini le sue potenzialità propagandistiche. Divenne dunque un appuntamento da ripetere anche negli anni successivi, nonostante le perplessità di molti sulla sua pericolosità. E, ad eccezione di Monti che di fatto non aderì mai all’idea attivamente, gli altri quattro amici continuarono ad avere ruoli importanti nella storia della gara.

La Mille Miglia si corse fino al 1957. In quell’edizione la Ferrari del marchese De Portago uscì di strada e finì tra il pubblico: oltre al pilota e al copilota morirono nove spettatori, tra cui cinque bambini. Questa tragedia e lo sdegno nella pubblica opinione convinsero il governo di allora a sospendere definitivamente la gara.

Negli anni successivi si tentò in ben tre edizioni di riavviare la Mille Miglia con un regolamento di tipo rallystico (brevi prove cronometrate alternate a lunghi trasferimenti di regolarità), senza però suscitare molto entusiasmo nel pubblico. Finalmente, a spot nel 1968 (rievocazione delle undici vittorie Alfa Romeo) e, successivamente, con cadenza regolare dal 1977, iniziarono poi le rievocazioni storiche, competizioni di pura regolarità.

Oggi la Mille Miglia è la gara di regolarità su strada per auto storiche più importante al mondo. Inizia e finisce a Brescia, passa per Roma e i tracciati possono variare da un anno all’altro purché nel rispetto – per quanto possibile – di quelli percorsi nelle edizioni storiche (dal 1927 al 1957). Possono partecipare modelli di vetture già in produzione prima dell’ultima edizione (1957) e dei quali almeno un esemplare abbia preso parte (o abbia completato l’iscrizione) ad una delle edizioni originali della gara.

I numeri dell’attuale Mille Miglia sono impressionanti. Solo a titolo d’esempio: quasi otto milioni di risultati in tutte le lingue su Google, circa diecimila transazioni commerciali giornaliere su Ebay di oggettistica legata all’evento (gadget, libri, modellini, orologi, cerchi in lega, …), più di duemila tra giornalisti, fotografi e operatori televisivi inviati a seguire l’evento da centocinquanta paesi di tutto il mondo.

In perfetta continuità con le aspettative dei coraggiosi organizzatori della prima edizione del 1927, dunque, ancor oggi la Mille Miglia è una straordinaria vetrina mondiale per l’Italia e per il made in Italy. Un grazie dunque a quelle elegantissime vecchie signore su quattro ruote che sfilano a maggio sulle nostre strade e a quell’esercito di meccanici, restauratori, storici, organizzatori, sponsor e appassionati che lo rendono possibile.

Bibliografia consigliata

E. Pattacini, A. Zelioli, “1049”, Epika Edizioni, Bologna, 2018.
G. Canestrini, “Mille Miglia”, L’Editrice dell’Automobile, Automobile Club d’Italia, 1967.
C. Dolcini, “La Prima Mille Miglia 26-27 Marzo 1927”, Giorgio Nada Editore, Milano, 2017.
D. Marchesini, “Cuori e Motori. Storia della Mille Miglia”, Ed. Il Mulino, Bologna, 2001.

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