Un falco per amico

“Gli animali nella rievocazione storica, parte 3”

Articolo di Federica Garofalo
Fotografie fornite da Fabio Bonciolini

L’accento toscano colpisce subito, e anche quello spirito un po’ contemplativo tipico degli abitanti della Valdinievole, ben nascosto sotto un solido senso pratico: Fabio Bonciolini, 39 anni e un passato da paracadutista e pilota di parapendio, ha scelto un lavoro molto particolare, quello del falconiere professionista. Non solo, è addirittura segretario nazionale del Sindacato Italiano Falconieri Professionisti, oltre ad essere rappresentante legale dei Falconieri del Granducato di Toscana.

Nessuno, dunque, può essere più adatto di lui a rispondere ai tanti dubbi che, in questi ultimi anni, sono cresciuti intorno a questa particolarissima forma di caccia che si serve degli uccelli rapaci: sono divenuti infatti molto frequenti i presidi e le proteste degli animalisti nel corso di rievocazioni e giochi storici vari dove è prevista la presenza dei falconieri, essendo la falconeria da essi considerata in sostanza una forma di maltrattamento di animale.
Per capirlo, partiamo dalla sua esperienza personale.
«Sono sempre stato appassionato di rapaci fin da piccolo, – racconta Fabio; – sono cresciuto in un paesino in provincia di Pistoia, un territorio selvaggio dove aquile, poiane e gheppi sono di casa. È stato tuttavia solo dieci anni fa, grazie all’incontro con una persona che sarebbe poi diventato il mio mentore, uno dei più grandi esperti di falconeria in Italia, che ho potuto imboccare il percorso che mi avrebbe portato a diventare un falconiere professionista. Certo, i sacrifici sono stati tanti, compreso l’abbandono di un posto a tempo indeterminato su cui potevo contare per una sicurezza economica, ma alla fine i miei sforzi sono stati ripagati.»

Che cosa significa essere falconiere per lavoro?
«Le attività di un falconiere professionista si dividono sostanzialmente in due grandi filoni: il bird control, ovvero l’utilizzo di falchi addestrati per il controllo territoriale di colombi, storni o altri volatili per conto di aeroporti, aree agricole, urbane e industriali, e la didattica. Quest’ultima attività è in genere la più richiesta, specie nel contesto delle tante rievocazioni storiche e giochi storici sparsi per l’Italia; entriamo però anche nelle scuole per far conoscere ai ragazzi il mondo dei rapaci, e collaboro con alcuni ospedali pediatrici, dove avvicino i miei rapaci ai bambini autistici.»

Con la rievocazione, Fabio ha un rapporto privilegiato, partecipando lui, ad esempio, alla manifestazione Altopascio Medievale, gestita dal Coordinamento Mille&Duecento, fin dalla sua prima edizione cinque anni fa.
«I Falconieri del Granducato di Toscana, di cui faccio parte, si può definire un gruppo storico a tutti gli effetti; anzi, siamo una delle pochissime associazioni ad avere delle linee guida come rievocatori storici di falconeria; ad esempio, ad una manifestazione che ha come riferimento il Medioevo, non si possono portare specie di rapaci che in Europa sono arrivate dopo, con la scoperta dell’America. D’altronde la falconeria è una forma di caccia antichissima, di cui si hanno le prime tracce addirittura nel 3000 a.C in Asia Centrale, per poi, con le Crociate, arrivare in Europa attraverso gli Arabi. La nostra Bibbia è il “De Arte Venandi cum Avibus” dell’imperatore Federico II, utilizzato ancora oggi praticamente immutato sotto molti aspetti: ad esempio, noi utilizziamo ancora il logoro, un simulacro di preda introdotto proprio dall’imperatore con cui far giocare il falco per addestrarlo; oppure l’uso del cappuccio, che serve per far rilassare il falco, specie particolarmente “selvatica”, diffusa da Federico II in sostituzione della cigliatura, cioè della cucitura delle palpebre del rapace, la quale, va detto per inciso, non rappresentava una sofferenza per l’animale, non più di quanto lo sarebbe per noi la sutura di una ferita.»

Quello di Fabio con i suoi rapaci è un rapporto quasi di simbiosi, in particolare con Aki, un falco sacro di undici anni divenuto il suo inseparabile compagno.
«Certo, è un rapporto che ho dovuto costruire, – confessa Fabio. – All’inizio, Aki, essendo poco più che un pulcino, era molto aggressivo; ma è bastata un po’ di pazienza perché al quarto giorno, quando entrai nella voliera, mi accorsi che non tentava più di scappare, ma, dopo qualche istante, si posò addirittura sul mio guanto e accettò il cibo che gli offrivo. Per un falconiere è fondamentale conoscere le esigenze dei suoi rapaci, e quel che deve scattare con loro è un rapporto di collaborazione, e, sì, di amicizia vera e propria. Questo perché i rapaci in generale, anche se nati in cattività da più di tre generazioni, come previsto per legge, rimangono animali semi-selvatici, e potrebbero volare via in qualunque momento; d’altronde, Aki e gli altri rapaci (che sono ben venticinque) avrebbero mille occasioni per lasciarmi, volano liberi quotidianamente, senza alcun impedimento. Se ritornano da me ogni volta è evidentemente perché non gli dispiace avere un umano per amico.»

Ma allora le obiezioni degli animalisti sono infondate?
«Non del tutto, – precisa Fabio. – Purtroppo in giro ci sono tanti dilettanti che si improvvisano falconieri, combinando autentici disastri. Il guaio è che in Italia non esiste un regolamento univoco né a tutela dei falconieri professionisti né per garantire il benessere degli animali, a parte alcune linee guida molto generali, ogni regione si regola a modo suo. Per questo, come segretario nazionale dei Falconieri Professionisti, mi sto facendo promotore di un disegno di legge che stabilisca delle regole uguali per tutti in questo senso.»

Quel che Fabio tiene a dire è che il contesto di una rievocazione non rappresenta uno stress per il rapace.
«Sono abituati alla presenza delle persone fino da piccoli, anche se si tratta di un gran numero di persone, e li ho addestrati per stare tranquillamente in mano a chiunque abbia il guanto, bambini compresi; i falchi, poi, quando sono incappucciati, non si turberebbero nemmeno con una cannonata.»

Va precisato che l’arte della falconeria è stata proclamata dall’UNESCO Patrimonio Immateriale dell’Umanità; un’arte, appunto, che si spera venga riconosciuta anche al livello nazionale come tale.

Per saperne di più: www.ilfalconierefabiobonciolini.com  www.falconieritoscani.it

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