Un “dramma italiano” al Middelaldercentret

Ricostruttori italiani all’estero

A cura di Federica Garofalo
Fotografie di Sara Colciago

Si parla spesso, soprattutto in questi ultimi tempi, di Italiani all’estero e di come questi siano visti fuori dai nostri confini; naturalmente, questo discorso investe anche l’ambito della rievocazione storica, soprattutto a proposito della confusione tutta italiana tra ricostruzione storica e giochi storici. Ma qual’è la realtà effettiva? Come sono visti davvero i rievocatori italiani all’estero e qual’e il parere effettivo dei rievocatori stranieri che fanno tappa in Italia?

Per scoprirlo, abbiamo deciso di cominciare da un luogo particolare, del quale negli anni si sta parlando sempre di più: il Middelaldercentret, in Danimarca.
Si tratta di un archeopark che ricostruisce una porzione di una cittadina commerciale (Sundkøbing in Danese) del 1400 c.a. sulle rive dello stretto di Guldborgsund, con botteghe permanenti di artigiani e commercianti, e macchinari perfettamente funzionanti come i trabucchi d’assedio; il centro è munito anche di un porto con navi ricostruite e perfettamente funzionanti. Ogni edificio della cittadina (“Sundkøbing” in Danese) è stato costruito basandosi su ritrovamenti archeologici, fonti scritte o illustrazioni, preferibilmente sul confronto di tutti i tipi di fonti; le case sono state costruite ex novo, ma basandosi sulle testimonianze e con strumenti e materiali disponibili nel XIV e XV secolo.
Quest’anno il centro ha celebrato il XXV anno della sua esistenza, felicemente coinciso con il X anniversario del “Projekt 14”, una rete di organizzazione polacca ma al livello europeo, fatta sia per il pubblico sia soprattutto per i rievocatori stessi (non necessariamente i gruppi ma soprattutto i singoli), e che, sulla base dell’iconografia e dei ritrovamenti cerca di ricostruire ogni aspetto della cultura materiale del XIV secolo attraverso veri e propri “giochi di ruolo”, e soprattutto privilegiando la vita civile rispetto a quella militare. Il Projekt 14 si occupa della promozione della revocazione strettamente legata, attraverso la ricostruzione dei concreti personaggi, al tempo (con la massima precisione possibile) e il territorio (al quale dei personaggi appartenevano. Ebbene, quest’anno si è deciso di unire le forze ospitando l’edizione 2016 dell’evento annuale del Projekt 14 al Middelaldercentret.”
E, tra i partecipanti, c’erano anche gruppi o singoli ricostruttori provenienti dal Nord o dal Centro Italia, circa una trentina in tutto, che hanno sfidato le rigidissime regole di fedeltà storica del centro danese e le “forche caudine” dei loro colleghi mitteleuropei.
Con quali risultati?
Lo chiediamo direttamente a loro.

Anima della partecipazione italiana all’evento è stato il Polacco naturalizzato Italiano Tomasz Machan, vice presidente del gruppo altoatesino Ulrich von Starkenberg, in contatto con il Middelaldercentret addirittura da sedici anni e membro del Projekt 14 fin dalla sua fondazione.

«Ho partecipato personalmente alla scelta del luogo in cui ambientare l’evento del Projekt 14 di quest’anno, – racconta. – Siamo venuti al centro in ottobre del 2015 insieme a Malina Opatowiecka, Michal Sosnowski e altri, per fare il sopralluogo e stringere i accordi. Io ho conosciuto il centro ormai sedici anni fa grazie al Davide Bonali, Thomas Riffeser e Charles von Rafenstein. Ci è sembrato il luogo più adatto per un progetto a carattere internazionale e che permettesse soprattutto a noi di vivere in maniera davvero medievale e di distaccarci dall’atmosfera di “festa campestre” che si respira di solito in queste occasioni. Una vera cittadina perfettamente allestita e funzionante a disposizione dei rievocatori è una vera meraviglia per chi vuole avvicinarsi un po di più alla vita dell’epoca. Abbiamo proposto il progetto al Middelaldercentret e loro hanno subito accettato con entusiasmo; così, assumendo io l’organizzazione della spedizione italiana, ho contattato alcuni gruppi che si occupano di XIV secolo, la cui qualità è notoriamente molto alta. La fama dei rievocatori italiani all’estero è ottima, eccettuato il fenomeno tutto italiano dei giochi storici che forse è più conosciuto nel mondo rispetto alla ricostruzione storica vera e propria; comunque, in Italia, la ricostruzione trecentesca è già molto avanzata, cresciuta rispetto agli anni scorsi in precisione e fedeltà storica, e ha un gran successo negli eventi organizzati sia nella stessa Italia come quello di Morimondo sia all’estero come quello di Honor Vincit Omnia, Grunwald, Azincourt ecc. Al inizio, alcuni schermidori italiani, erano considerati un po’ troppo “raffinati” rispetto alla rudezza del contatto pieno dei Polacchi, tanto che venivano soprannominati “pussyfighters”; ma questo era molti anni fa e di solito questo pregiudizio veniva sfatato dopo pochi istanti. Ora i “trecentisti” italiani sono rievocatori molto ricercati anche per la loro espansività e i Polacchi preferiscono combattere con gli Italiani, considerandoli molto temerari, preparati, corretti e sicuri. Occasioni come il eventi di Projekt 14 sono fatte apposta per incontrarsi e conoscersi, e per far cadere stereotipi: gli stessi gestori del centro sono rimasti piacevolmente sorpresi dall’ordine e dalla disciplina con cui ci eravamo organizzati nella casa che ci avevano dato a disposizione, la più grande del centro, completa di cucina. Siamo riusciti a ricreare tutto l’entourage di Sigmund von Starkenberg in viaggio commerciale dal Tirolo fino in Danimarca. Era importantissimo che ogni uno dei partecipanti avesse un posto suo nella gerarchia e nei ruoli che copriva. Siamo stati accolti benissimo anche dal pubblico danese che era presente di giorno, mentre la sera scattava il “gioco di ruolo”, una storia senza copione da sviluppare ad uso soltanto nostro.»

Uno dei gruppi contattati per il progetto è stato quello dei Difensori della Rocca di Imola, di cui fa parte Jacopo Bocconcelli, che è nel mondo della rievocazione addirittura da sedici anni:

«Nei primi anni, all’estero eravamo considerati l’ultima ruota del carro, ma oggi la percezione è molto migliorata, anche perché ci stiamo evolvendo molto, pur se abbiamo ancora molto da imparare: abbiamo perfino superato alcuni Paesi quanto a precisione ricostruttiva. Il nostro asso nella manica al Middelaldercentret è stata la cucina e i prodotti che avevamo portato dall’Italia, in particolare gli strozzapreti con un ragù di carote e salsicce perfettamente filologico li ha conquistati tutti, c’era la fila fuori dalla cucina per assaggiarli e quando ce ne siamo andati ci hanno chiesto la ricetta. Quanto al pubblico, quello danese interagisce più del nostro, che si ferma spesso ad un’occhiata distratta, ed è molto più rispettoso nei confronti della nostra roba, al contrario degli Italiani che tendono a voler toccare tutto.»

Ci sono anche situazioni particolari, come quella dei due addetti alla medicina Jury Schiavone della veronese Compagnia della Ginestra e di sua moglie Miriam Bolzoni, della milanese Compagnia di Porta Giovia, che sono arrivati al Middelaldercentret con la loro bambina di sei mesi:

«Il livello di selezione era molto alto con un’attenzione ai dettagli che sfiorava il maniacale e i controlli erano molto rigidi – spiega Miriam. – Durante il giorno, quando il centro era aperto al pubblico, non era permesso utilizzare niente di moderno, ma ci hanno trattati comunque benissimo, hanno fatto di tutto per farci sentire a nostro agio nella particolare situazione in cui eravamo: quando si trattava di dare la poppata alla bambina con il biberon ci facevano mettere in disparte in modo che non ci vedessero. Abbiamo addirittura ottenuto una piccola culla medievale tutta per lei. Mai ci siamo sentiti guardati dall’alto in basso, anche perché i rievocatori stranieri lì presenti frequentano spesso gli eventi italiani come quello di Morimondo. Io e mio marito abbiamo perfino avuto uno scambio culturale con uno studente polacco che s’interessava di medicina medievale: perché la rievocazione per noi è soprattutto questo, condivisione e crescita.»

Poi ci sono anche quelli che il progetto lo hanno letteralmente visto crescere, come Massimo Seppoloni e Massimiliano Simonetti, appartenenti a due gruppo, la Compagnia dell’Ariete/Armate Braccesche, ma che come singoli fanno parte del “Projekt 14” fin dalla sua fondazione.

«I gruppi italiani hanno ancora molto su cui lavorare, perché, soprattutto i principianti, vogliono avere tutto e subito, e non si rendono conto che è meglio poco alla volta ma fatto bene, – fa notare Massimo: – Danesi e Svedesi, ad esempio, sono molto essenziali ma precisissimi. È proprio l’approssimazione il nostro punto di debolezza, mentre il nostro punto di forza è l’ “italianità”, l’espansività e la capacità di adattamento, mentre  Siamo stati comunque accolti magnificamente, con tanto di regali e scambi di numeri telefonici.»

«In Danimarca la collaborazione con le istituzioni è molto più stretta – sottolinea Massimiliano dal canto suo. – Il Middelaldercentret ad esempio ha finanziamenti statali ma si gestisce da sé: in Italia una cosa del genere sarebbe impensabile. Questo perché da noi la qualità di un evento rievocativo dipende dai singoli contesti e dalle persone con cui si ha a che fare nell’ambito delle istituzioni e si può trovare la persona interessata quanto quella che pensa solo a guadagnarci sopra; inoltre in Italia c’è la mentalità della sagra, in cui il rievocatore serve praticamente a coprire gli spazi.»

Non sono stati solo i gruppi ad aver partecipato, ma anche singoli rievocatori, appartenenti ad un gruppo o indipendenti. A quest’ultima categoria appartiene Sara Colciago, che è stata anche una dei “fotografi ufficiali” dell’evento.

«Avevo già avuto esperienze di questo tipo, avendo partecipato alla rievocazione della battaglia di Azincourt, anch’esso di carattere “internazionale”, e avevo già avuto modo di constatare la stima che i rievocatori stranieri hanno per noi, per l’alta qualità della nostra ricerca storica per il nostro “valore in battaglia”: un rievocatore Boemo mi aveva addirittura detto che a combattere con gli Italiani c’era più gusto. Quella del Middelaldercentret, però, è stata un’esperienza completamente diversa: ad Azincourt c’era una battaglia cui il pubblico assisteva, mentre in Danimarca si trattava di un museo all’aperto, con un approccio interattivo, in cui il pubblico poteva avvicinarsi, toccare. Il che è stato ancora più bello se consideriamo che molti dei visitatori danesi non conoscevano l’Inglese ma che alla fine siamo riusciti a farci capire comunque, anche a gesti. Il problema della rievocazione italiana rispetto a quella mitteleuropea è che ad esempio in Danimarca la rievocazione è considerata una forma di professionismo, il Middelaldercentret è frequentato da stagisti e studenti universitari; i rievocatori sono rispettati, anche quando si tratta di puro e semplice volontariato. Invece da noi manca la collaborazione con le istituzioni, e la ricostruzione vera e propria è ancora troppo confusa con le manifestazioni parastoriche locali, oltre che con le “rievocazioni” improvvisate.»

Questa è anche l’opinione di Francesca Baldassarri, della compagnia Gilda Historiae, ma qui in veste di rievocatrice indipendente: «Essere italiano nel mondo della rievocazione all’inizio è un po’ uno stigma, perché gli stranieri non conoscono la differenza tra ricostruzione storica e giochi storici; in più la figura del ricostruttore storico da noi è considerata, soprattutto da istituzioni e musei, alla stregua di un semplice figurante, e di considerare quest’attività un lavoro non è nemmeno il caso di parlarne, anche se si tratta di tessitura a mano. Al Middelaldercentret conta molto la conoscenza personale del periodo che si rievoca: prima di accettarti vogliono le foto degli abiti e dell’equipaggiamento con relativa documentazione; devi essere in grado di parlare bene l’Inglese per poter interagire col pubblico. Una volta superato questo scoglio, però, è stata esperienza molto interessante e coinvolgente, per chi decide di farla fino in fondo. Io ho scaricato dal furgone solo il bagaglio storico e sono entrata senza nulla di moderno ad eccezione delle lenti a contatto; in particolare hanno suscitato l’ammirazione degli organizzatori le mie tovaglie perugine di cotone, corredate di fonti, esegesi critica e musealizzazioni. Abbiamo lasciato tutti a bocca aperta, sia per l’ambientazione, sia per i vestiti, le acconciature e i trucchi (su cui avevamo didattica per il pubblico), sia per l’interazione col pubblico nelle spiegazioni sia per la nostra partecipazione al “gioco di ruolo” in cui siamo stati coinvolti, quello dell’assassinio di Sigmund von Starkenberg (Tomasz Machan) durante il banchetto e relativa indagine per trovare il colpevole: era tutto talmente credibile e verosimile che abbiamo fermato una chiamata di soccorso all’ambulanza all’ultimo secondo!»

C’è anche però, chi “solo”, si è ritrovato per forza, o meglio per mancanza di tempo, come Sebastiano Formigoni della Compagnia della Rosa di Mantova: «Non è la prima volta che la nostra compagnia o alcuni suoi membri sono coinvolti in un evento all’estero, e abbiamo sempre avuto un ottimo feedback, anche se in generale i rievocatori italiani sono mediamente indietro rispetto al resto d’Europa, pur avendo punte di eccellenza. In occasioni come questa si crea un’osmosi, in cui c’è tutto da imparare e tutto da insegnare: un rievocatore italiano serio non ha niente da invidiare a nessuno. Quello che sempre mi resterà nel cuore dell’esperienza al Middelaldercentret sono i suoi odori e le notti che non finiscono mai: l’impatto per me è stato scioccante e di gioia infinita, il primo giorno mi sentivo come un bambino alla sua prima volta alle giostre. Nei giorni successivi l’entusiasmo ha lasciato spazio all’oggettività. Il centro offre degli ottimi spunti: la quotidianità della vita medievale porta a molti quesiti a chi come me affronta relativamente nella propria esperienza rievocativa fatta di due o al massimo tre giorni in luoghi altamente antropizzati come l’Italia. Uno dei momenti più esilaranti è stato quello del bagno, una vera e propria ”stufa” medievale ricreata con un’enorme tinozza di legno in una tenda da me e Tomasz Machan: è nato tutto per scherzo, il mio ruolo per l’occasione era quello di “maggiordomo” in termine letterale (dovevo servire il mio signore e sovrintendere le cucine e i servizi); il bagno era attivo solo a centro chiuso, in quanto attività solo per noi rievocatori e “ludica”. Dopo aver servito il mio signore (amico nella realtà di tutti i giorni) frustandolo anche con rami di betulla, sono stato da lui invitato a prendere parte al bagno, servito e riverito dalla “servitù”, che doveva essere “pagata” con moneta sonante in conio storico per avere i confort forniti!»

Tutto questo da parte italiana: ma la parte danese come ha visto la loro presenza all’evento?

Nessuno può essere più adatto a rispondere a questa domanda di Thit Petersen, la curatrice del Middelaldercentret. Laureata in Archeologia, volontaria nel centro dal 1998 e promossa di fresco (2016) a curatrice. È lei la responsabile di tutto ciò che accade nel villaggio e il suo compito è assicurarsi che il tutto sia il più credibile possibile.

Il suo giudizio sui rievocatori italiani è netto: «I rievocatori italiani sono molto appassionati e ben documentati nel loro equipaggiamento. Naturalmente c’è stato un lungo processo di cernita prima dell’evento e abbiamo scelto solo i gruppi migliori: i nostri standard sono alti, e ci aspettiamo lo stesso dai gruppi che ospitiamo. Ed è proprio questo ciò che abbiamo riscontrato nei gruppi che hanno partecipato all’evento di quest’anno. Gli Italiani sono sempre molto cordiali e sanno trasmettere la loro passione sia agli altri rievocatori sia ai visitatori; e questo per noi è molto importante perché rievocatori e turisti vengono qui già con un bagaglio di esperienza, e soprattutto i secondi devono vedere il meglio di quello che la rievocazione storica può offrire. Anche i rievocatori vengono qui per vedere solo il meglio degli altri gruppi, per creare contatti e vivere qualche giorno in una perfetta ambientazione medievale, dove tutto sembra essersi fermato al 1400. Avevamo già conosciuto come singoli alcuni dei partecipanti italiani e alcuni dei nostri volontari avevano partecipato a diverse edizioni dell’evento di Morimondo incontrando molti gruppi italiani; ne hanno sempre parlato molto bene, e questo era già un ottimo biglietto da visita. Sapevamo inoltre che molti gruppi italiani avrebbero voluto da anni venire a farci visita, dunque è stato un grande piacere invitarli tutti a venire. Sapevamo che questi gruppi avrebbero potuto migliorare un po’, soprattutto per quanto riguarda il controllo dell’equipaggiamento, ma tutto è andato per il meglio, abbiamo chiesto che tutto fosse precisamente del 1400 e di evitare tutto ciò che non lo riguardasse. Tutti i rievocatori hanno avuto un gran rispetto per la location, l’hanno curata benissimo e hanno seguito alla perfezione le nostre istruzioni e il nostro regolamento. Gli Italiani in particolare hanno partecipato a tutto ciò che era stato programmato, il loro settore era sempre pieno di gente e c’era sempre chi cucinava, cuciva, giocava a carte, ecc.; hanno anche avuto una parte importante nei giochi di ruolo che avevano luogo la sera. Personalmente penso che il loro punto di forza sia la loro capacità di coinvolgimento e la qualità del loro equipaggiamento, sono belle persone, grandi artigiani e cuochi eccellenti! Se vogliamo trovare un punto di debolezza, è la loro concezione del tempo: in Danimarca, quando diciamo di fare una cosa tra cinque minuti, tra cinque minuti si fa, mentre per gli Italiani quei cinque minuti possono anche allargarsi un bel po’… Ma questo non è necessariamente un difetto, semplicemente una differenza: loro amano cucinare, mangiare e rilassarsi e dunque a volte questo punto di debolezza può diventare anche un punto di forza; un difetto un po’ più grave potrebbe essere la preparazione e il rispetto dei tempi. Ma tutto è compensato abbondantemente dal loro grande senso dell’umorismo, dalla loro dolcezza e dal loro ottimo vino! Alla fine tutti ci hanno ringraziato e ci hanno detto di essersi divertiti molto: e anch’io sono molto soddisfatta, non rimpiango assolutamente niente. Ciò che mi rimarrà di quei giorni è il duro lavoro per invitare all’evento più di duecento persone da tutta Europa; ma è sempre divertente condividere il nostro meraviglioso Middelaldercentret con altri che hanno la stessa nostra passione; quando ci si apre agli altri non ce ne si pente mai. Sono sicura che in futuro organizzeremo un altro grande evento come questo, e i gruppi italiani saranno sempre i benvenuti.»

Insomma, ciò che emerge da tutto questo è che il mito della rievocazione italiani come “fanalino di coda” d’Europa va sfatato: mantenendo però la distinzione indispensabile tra ricostruzione storica e giochi storici, e tenendo sempre conto dell’impegno del singolo gruppo.

 

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