Rocca delle Verrucole: il racconto di un territorio

Rievocatori e castelli, parte 3

di Federica Garofolo

Tra gli abitanti della Garfagnana toscana è oggi nota con il nome rinascimentale di “Fortezza delle Verrucole”, ma nel Medioevo era chiamata “Rocca delle Verrucole” o “Verucola Gherardenga” dal nome della famiglia cui apparteneva, una delle poche casate di feudatari del territorio di Lucca, i Gherardinghi, di origine longobarda. Dal 2014 questo castello arroccato tra le colline, dopo un lungo periodo di oblio, è diventato un vero e proprio archeopark, un museo vivente gestito dal gruppo di rievocazione lucchese Mansio Hospitalis Lucensis con alla guida Diego Micheli e sua moglie Giulia Paltrinieri.

«In realtà il nostro gruppo è preesistente al progetto Verrucole, quest’anno abbiamo festeggiato il decennale, – rivela Diego. – Il nostro scopo iniziale era ricostruire le comunità degli Ospedalieri di Lucca e di Pisa, basandoci sui documenti originali, anche con l’aiuto dell’Università di Pisa, dalla quale io provengo.»

È invece il progetto di ricostruzione della vita civile ad essere nato con l’archeopark delle Verrucole, e per una sostanziale botta di fortuna:
«Durante una delle nostre giornate rievocative, abbiamo avuto la fortuna di conoscere Roberto Rocchiccioli, vice sindaco di San Romano in Garfagnana, nel cui comune è situato il castello, che ci parlò di questa rocca restaurata ma praticamente abbandonata per far tornare a vivere la quale noi saremmo stati il passaporto perfetto. Così ci presentò al sindaco e all’amministrazione, e poco dopo il Comune pubblicò il bando per la gestione del castello; per l’occasione noi riesumammo un vecchio progetto, opportunamente modificato, che prevedeva la costruzione di un archeopark con tanto di orto botanico e attività artigianali, e che aveva già vinto un premio della critica. Il risultato fu una vittoria su tutti i fronti, e nel 2014 è iniziata quest’avventura.»

Bisogna precisare un particolare, a proposito della rocca delle Verrucole: fu sì trasformata dagli Este in fortezza militare, a partire dal XV secolo, ma alla fine del Duecento era a tutti gli effetti un castello residenziale, dimora dei Gherardinghi, e al tempo stesso fulcro di una comunità autonoma che contava ben 4200 anime.
«Abbiamo una fonte di prima categoria per sapere come fosse la vita del castello nel XIII secolo, – precisa Diego: – gli statuti della comunità, datati al 1270. Si tratta di una vera miniera d’oro, non solo per sapere come funzionasse e come si articolasse quella precisa comunità feudale della fine del Duecento, ma anche che aspetto avesse il castello in quel periodo. I compilatori, con quello spirito un po’ mercantesco tipico dei Lucchesi, descrivono puntigliosamente i sistemi difensivi, la funzione dei singoli ambienti, perfino il mobilio.»

È da questa fonte che la Mansio Hospitalis Lucensis è partita per ricostruire il più fedelmente possibile il suo archeopark all’interno del castello: stanze riarredate come dovevano essere alla fine del XIII secolo, con cassapanche, tavoli e letti, ma anche laboratori artigiani e perfino un orto e stalle per gli animali.
«Tutto è stato prodotto interamente da noi, – tiene a sottolineare Diego, – con l’aiuto di artigiani che hanno usato le tecniche dell’epoca. Ad esempio, abbiamo fatto ricostruire due vetrate del castello, con le tecniche del Duecento, da un restauratore che lavora con la Soprintendenza di Lucca e di Massa.»

Un aspetto che vale la pena di sottolineare è il rapporto con il territorio della Garfagnana, da subito molto stretto:
«Siamo entrati in contatto con i pochi anziani del posto, e ci si è aperto un mondo, trattandosi di una comunità rurale e dunque molto conservatrice. Abbiamo scoperto, ad esempio, che fino agli anni ’50 i tetti delle capanne si facevano esattamente come nel Medioevo, con la paglia di segale; ed è stato proprio uno di questi anziani contadini a ricostruire insieme a noi il tetto della capanna che usiamo come biglietteria, proprio in paglia di segale. Anche dal punto di vista dell’alimentazione le cose non sono cambiate poi così tanto dal Duecento, e ci è capitato più di una volta di ritrovare gli antichi piatti citati nei manoscritti quasi tali e quali sulle tavole dei contadini. Questa è stata una carta vincente nel contatto con il pubblico, sia che si tratti di visite guidate sia dei laboratori con le scuole: la gente è molto colpita da questi accostamenti, che sanno di verità. È come un riscoprirsi attraverso i punti di contatto che abbiamo con i nostri antenati. Ed è un approccio che funziona, tant’è vero che dal 2013 al 2017 abbiamo quasi triplicato le presenze annue; ora l’Archeopark delle Verrucole è addirittura citato da Trip Advisor al secondo posto per i luoghi da vedere nella provincia di Lucca dopo le mura della città.»

La Mansio Hospitalis Lucensis, però, ha ancora un sogno nel cassetto: quello di ricostruire, oltre al castello, anche l’intero villaggio che lo circondava; obiettivo decisamente ambizioso, ma sembrano determinati a provarci. Dopotutto, anche far rinascere un castello sembrava un’impresa impossibile…

Per saperne di più: www.fortezzaverrucolearcheopark.it

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