L’arte delle armi nel Regno di Napoli

A cura di Federica Garofolo
Fotografia di copertina di Aldo Romana

Sono iniziati da più di un mese i corsi di scherma antica organizzati a Napoli, Giugliano, Caserta, Salerno e San Giorgio a Cremano dalla partenopea Compagnia della Rosa e della Spada capitanata da Marco de Filippo, dottore di ricerca in Storia Medievale all’Università Federico II di Napoli con in più tredici anni di scherma alle spalle. Tra le altre cose, l’anno scorso ha dato alle stampe il secondo dei due manuali che ha curato (entrambi editi dalla casertana Spring), Le tre giornate di Marc’Antonio Pagano, dato alle stampe da un “gentil’huomo napoletano”, come specifica il titolo, precettore del principe di Stignano, nel 1553, e finora inedito.

Eppure, nonostante le apparenze, spiega Marco de Filippo, questa non è un’edizione critica: «Più che per gli studiosi e per i filologi (essendo la prima testimonianza di trattatistica marziale per il Sud Italia), è un manuale concepito per i rievocatori e per chi pratica arti marziali occidentali, per fornire una solida base documentaria a chi si approccia alla scherma cinquecentesca. La rievocazione si è rivelata una componente fondamentale anche nella stesura di questo libro, perché lo mostra da un punto di vista diverso, quello materiale: il testo è infatti in un’edizione agile e moderna, corredato da un apparato esplicativo e da fotografie che fanno vedere concretamente le varie guardie descritte dal Pagano. Ho adottato lo stesso metodo con la prima pubblicazione, dedicato al trattato I 33, quello più usato dagli schermidori due-trecenteschi. Questo perché, anche se il mio essere storico non è disgiunto dal mio essere rievocatore e schermidore, ed anche se preferisco tenere ben distinti e separati i due settori (quello schermistico-marziale e quello rievocativo-ricostruttivo), ritengo che non debbano essere considerati compartimenti stagni e, anzi, possano contribuire talvolta l’uno allo sviluppo dell’altro.»

Marco de Filippo, in realtà, però, nasce come storico: «La mia passione per il Medioevo, già viva da bambino, si è “assestata” durante i miei studi di Storia Medievale all’Università Federico II di Napoli; l’interesse per la scherma antica si è innestata in un secondo tempo, e mi ha spinto a fondare con alcuni amici a fondare la Compagnia nel 2005. Siamo partiti dalla rievocazione di XIII secolo, ricostruendo un insediamento dell’Ordine di San Giovanni in Gerusalemme effettivamente presente a Capua; quasi da subito, tuttavia, ci siamo resi conto dell’importanza di occuparci di rievocazione aragonese. Così, sfruttando a pieno i miei studi universitari, incentrati proprio su politica ed esercito della casa d’Aragona, ci siamo specializzati nel XV secolo napoletano, con particolare attenzione al regno di Ferrante (1458–1494). Ora la nostra scuola è cresciuta, e, dal punto di vista sportivo, abbiamo ottenuto diversi successi di livello nazionale proprio in spada e brocchiero.»

La scelta del periodo aragonese come epoca di riferimento non è per nulla casuale: «Almeno a mio parere, fu l’ultimo periodo di splendore e indipendenza per il Mezzogiorno prima del Viceregno spagnolo. Per rimanere all’ambito militare, alla seconda metà del XV secolo, l’esercito napoletano era un esercito fortemente centralizzato: soprattutto in seguito alla riforma di Ferrante d’Aragona che aveva sottratto il potere militare ai baroni, creando di fatto uno dei primi eserciti “di Stato” dell’Europa moderna; l’esercito napoletano era un modello per l’Italia intera. La capacità di progettazione politico-militare di Ferrante, tra l’altro, aveva fatto sì che Urbino diventasse una postazione avanzata per la tutela degli interessi napoletani nel centro-nord e lo stesso Federico da Montefeltro il braccio destro (armato) del re. Eppure, al livello comune, poco si sa di tutto questo.»

Questo per il XV secolo: ma per l’oggi com’è la situazione della rievocazione storica nel Sud, e in particolare in Campania?
«Non così disastrosa come può sembrare, – risponde Marco de Filippo. – Certo, rispetto al Centro-Nord siamo un po’ indietro, talvolta perché la maggior parte dei gruppi ha un approccio più “spettacolistico” che ricostruttivo; Spesso, però, il problema non sono i rievocatori, ma gli organizzatori degli eventi, che puntano più sulla quantità che sulla qualità, e inducendo così chi fa rievocazione storica a credere che cercare di migliorarsi dal punto di vista ricostruttivo sarebbe solo uno spreco di tempo e denaro. Mi auguro che in futuro, chi organizza abbia una maggiore conoscenza della rievocazione storica e della figura del rievocatore, oltre che della Storia che si mette in scena, per adottare scelte che “costringano” i gruppi storici a migliorarsi. Comunque credo che sia un errore “piangersi addosso”: alcune amministrazioni hanno capito questo discorso e stanno cambiando atteggiamento,  anche grazie alla continua sensibilizzazione da noi operata, comprendendo quanto sia importante coniugare intrattenimento e rigore storico; un esempio è l’Assalto al Castello di Montemiletto, in provincia di Avellino, all’interno dell’evento “Siqua Fata Sinant”, rievocazione che ha tutte le potenzialità per diventare di una certa importanza, anche dal punto di vista qualitativo, grazie alla continua opera di rifinitura e pulizia operata anno per anno. Insomma, tutto sommato c’è di che essere ottimisti.»

Di solito si riflette poco sul fatto che la ricostruzione storica, se ben fatta, aiuta a capire meglio la storia di un territorio; e sulla storia del Mezzogiorno c’è decisamente ancora molto da scoprire.

Condividi questo articolo