il triangolo barbarico

Rievocatori italiani all’estero

A cura di Federica Garofalo
Fotografie fornite dalle associazioni coinvolte nell’intervista

Se è vero che l’Europa sta diventando sempre più piccola, è altrettanto vero che anche i contatti tra i gruppi di rievocazione storica sparsi per l’Europa stanno diventando sempre più stretti, fino a dar vita a vere e proprie reti. E questo è particolarmente vero per l’Alto Medioevo, crogiuolo dal quale sarebbe nata l’idea di Europa così come la conosciamo oggi.

Lo sa bene Gabriele Zorzi, presidente del gruppo La Fara di Cividale, che avevamo già incontrato a proposito del loro evento annuale A.D. 568. Quello che non sapevamo è che stesse diventando un vero punto d’incontro intereuropeo con altre due associazioni “barbariche”: gli “anglosassoni” Wulfheodenas dall’Inghilterra e i “vendel” Uttaharjar dalla Svezia.
«I nostri contatti sono iniziati on-line,» rivela Gabriele, «mentre dal vivo ci siamo incontrati per la prima volta a Marle, in Francia. Ormai è il quarto anno che entrambi i gruppi sono ospiti a Cividale, si può dire che ormai abbiamo costituito un triangolo informale in cui loro partecipano al loro evento e noi ai loro. Entrambi sono gruppi di alto livello: non sono soltanto rievocatori, ma ricercatori a tutti gli effetti, collaborano con siti archeologici, pubblicano articoli su riviste specializzate, praticano divulgazione e approfondimento storico anche al livello universitario.»

Così, il 22 e il 23 giugno scorsi, i longobardi de La Fara si sono ritrovati catapultati a Sutton Hoo, nel Suffolk inglese, ospiti del Summer Solstice, l’evento organizzato dai Wulfheodenas.
«È stata una splendida esperienza,» conferma Gabriele. «D’altronde i Wulfheodenas sono notoriamente il miglior gruppo altomedievale in Europa. L’accampamento storico era stato montato direttamente nel sito archeologico di Sutton Hoo, tra il punto dove sono state trovate le sepolture anglosassoni e il visitor center; un tipo di musealizzazione futuristica per l’Italia, con la rievocazione perfettamente integrata nello spazio espositivo e con tanto di punto caffè. Siamo stati trattati benissimo sia dal nostro gruppo ospite sia dall’organizzazione, ma d’altronde i gruppi stranieri in Inghilterra vengono trattati sempre bene. E dire che quest’anno si trattava di un’edizione “ridotta” causa lavori di ristrutturazione al visitor center, e nonostante questo c’è stata una buona affluenza di pubblico. Tutto merito del lavoro dei Wulfheodenas, che cercano la continuità e la fidelizzazione del pubblico a lungo termine: abbiamo trovato visitatori già educati su ciò che avrebbero visto, consapevoli e informati, anche nelle domande che ci ponevano.»

Il 24 e il 25 agosto, invece, è stata la volta del Vendeltidsdagarna ad Uppåkra, nel Sud della Svezia, concentrato in un week-end, ma legato ad una settimana intera di seminari sull’argomento tenuti alla vicina università di Malmö, che ha richiamato ricercatori e rievocatori da tutta Europa.
«Si organizzavano visite guidate al sito che passavano dall’accampamento. Anche in Svezia abbiamo trovato un pubblico molto fidelizzato, e molto incline a discutere sui rapporti tra le varie popolazioni barbariche: si sottolineavano somiglianze e differenze tra gli equipaggiamenti ricostruiti dai vari gruppi europei (elmi, abiti, spade), un approccio molto più didattico rispetto a quello che si può trovare in Italia. Quest’anno abbiamo anche cucinato in campo, anche se le aringhe a colazione tipicamente scandinave bastano a tenersi in piedi tutto il giorno.»

Questo da parte longobarda. Ma anglosassoni e vendel come la pensano?
Per scoprirlo, siamo andati in Inghilterra, da Paul Mortimer, presidente dei Wulfheodenas.
«Non sono sicuro che ci siano poi così tante differenze tra noi rievocatori che ci occupiamo di VI e VII secolo,» osserva. «Personalmente vedo la stessa dedizione e lo stesso impegno nell’essere più realistici possibile. Tutti noi abbiamo un desiderio autentico di comunicare con il pubblico e di trasmettere un periodo un po’ trascurato dal grande pubblico. Ci possono essere differenze tra i diversi Paesi per i rievocatori che trattano di Romani, Vichinghi, ecc., ma non credo sia lo stesso per il nostro periodo, forse perché siamo ancora pochi…»

Questa sembra essere anche l’opinione dello Svedese Christian Gill degli Uttaharjar, i quali, a differenza di altri gruppi, non hanno una vera e propria gerarchia.
«Tra noi vi sono più punti di contatto che differenze. Tutti abbiamo una base di studi accademici in relazione con gli aspetti rievocativi. L’evento di Cividale cui abbiamo partecipato è di alta qualità, cosa che noi abbiamo particolarmente apprezzato per via del livello che pretendiamo da noi stessi. A Uttaharjar abbiamo lavorato fianco a fianco ai nostri fratelli e sorelle Italiani e Inglesi. Abbiamo condiviso esperienze e consigli professionali, e abbiamo collaborato per creare e ricostruire reperti storici.»

Insomma, in tempi in cui si parla tanto di identità europea quasi contrapponendola alle identità nazionali, esperienze come queste possono essere perfino di aiuto per mettere in contatto popoli e culture e tornare alle radici del concetto di Europa.

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