“Barbari” a Marle

Rievocatori italiani all’estero

A cura di Federica Garofalo
Fotografie fornite da Yuri Godino e dal Musée des Temps Barbares

Sarà un’edizione un po’ sottotono quella del 2019 del “Festival International d’Histoire Vivante” che si tiene ogni due anni al Musée des Temps Barbares di Marle, cittadina di circa 2200 abitanti situata nella regione dell’Alta Francia. Sono previsti circa 200 partecipanti (contro i 400 presenti di solito): di conseguenza non ci sarà la grande battaglia che abitualmente oppone i “Romani” del Tardoantico ai “Barbari”. L’evento non perderà comunque la sua dimensione europea, e sono previste altri tipi di animazione con gruppi di ricostruzione storica provenienti da ogni angolo del continente: Franchi, Alemanni, Visigoti, Svevi, Burgundi, Sassoni, Longobardi.

Non ci sarà, però, il gruppo piemontese Presenze Longobarde capitanato da Yuri Godino.
«Ci siamo presi un anno sabbatico» scherza Yuri «ma non vediamo l’ora di ritornarci perché per noi è ormai un evento di routine, come stare in famiglia».

La loro prima partecipazione al Festival risale al 2015, e Yuri ne parla con entusiasmo.
«Chiedemmo noi di partecipare. Per noi fu una fantastica occasione per guardarci intorno e conoscere gruppi provenienti da tutta Europa: anzitutto i “padroni di casa”, i Francesi della Marla curtis, persone squisite che ci accolsero con il massimo dell’ospitalità; poi c’erano gli Herut Schweiz dalla Svizzera, i Tedeschi di Fulka Mogin, i Toxandria Francorum dal Belgio, gli Spagnoli del Clan del Cuervo, i Wulfhedenas inglesi e tanti altri ancora. Tutti rievocatori di altissima qualità, che ricostruiscono minuziosamente corredi e abiti: in particolare, questi gruppi fanno qualcosa che in Italia si è cominciato a fare solo recentissimamente, ricostruiscono corredi particolari provenienti da tombe o da scavi specifici, replicando in scala 1:1 i reperti. Il risultato sono pezzi unici, impossibili da trovare altrove. Non ci hanno mai guardato dall’alto in basso, anzi, la nostra conoscenza si è trasformata in una bellissima amicizia, anzi, siamo diventati tutti una grande famiglia».

È sempre Yuri a raccontarci come si svolge questo festival.
«Si può arrivare quando si vuole, anche una settimana prima. Al nostro gruppo hanno dato persino una capanna tutta per noi, e abbiamo vissuto per qualche giorno proprio come nel VII secolo, cucinando ricette storiche nella ceramica, senza niente di moderno. Un’atmosfera in cui poteva immergersi anche il pubblico, pagando un biglietto, con in più alcuni eventi che scandiscono la giornata: ad esempio, la grande sfilata, con una voce fuori campo che spiega minuziosamente abiti e accessori».

Secondo Yuri cosa manca dunque in Italia per realizzare un evento simile?
«Essenzialmente le risorse e la coordinazione tra i vari gruppi longobardi presenti in Italia. Anche se c’è un evento che da un po’ di tempo sta crescendo, Sibrium Langobardorum, che si svolge nel parco archeologico di Castelseprio (Varese), e cui stanno partecipando gruppi provenienti da tutta Europa. Dobbiamo toglierci il complesso dell’ “ultima ruota del carro” solo perché siamo Italiani: viaggiando si scopre che anche all’estero esistono gruppi di qualità differente, esattamente come da noi. La ricostruzione storica altomedievale italiana sta migliorando giorno dopo giorno, e dobbiamo andare orgogliosi di questo cammino».

Di questo chiediamo conferma al direttore del Musée des Temps Barbares, nonché ideatore del Festival, Alain Nice.
«Presenze Longobarde è davvero un buon gruppo di ricostruzione storica, fanno un gran bel lavoro e hanno un buon livello di ricostruzione storica; non hanno nulla in meno rispetto agli altri gruppi storici europei, il loro è un lavoro di qualità basato sulle scoperte archeologiche effettuate in Italia. Sono tornati a Marle nel 2017 e Yuri stesso ci ha fatto la cortesia di tornare a Marle nel 2018 per un evento più piccolo organizzato da mio figlio. È ormai un amico».

Ma da dove è venuta l’idea di questo Festival?
«Il Musée des Temps Barbares e il relativo parco archeologico sono aperti al pubblico nel 1991» risponde Alain Nice. «Dal 1993, vi abbiamo organizzato delle animazioni in abiti d’epoca volte a far rivivere una fattoria e un piccolo villaggio merovingio con dimostrazioni di artigianato, il tutto a partire dai risultati della scoperta archeologica di un cimitero e di un abitato: il nostro obiettivo era di dare al pubblico un’idea della vita nelle campagne della Gallia merovingia. Queste animazioni in abito storico hanno interessato molto il pubblico, così tanto che abbiamo capito che dovevamo svilupparlo, al più presto, su vasta scala, come facevano da tempo i nostri vicini Inglesi, Tedeschi o Belgi. È in questo modo che è nata l’idea di un grande Festival dedicato alla Storia Vivente e alla ricostruzione storica di qualità. Dal 1999 sono cominciate le prime grandi manifestazioni che si sono ampliate ancora di più nel 2001 e soprattutto a partire dal 2006 per diventare un punto di riferimento in Francia come in Europa, nel 2015 e nel 2017 quando abbiamo accolto a Marle 12 nazionalità diverse, tra i quali diversi italiani».

Il punto dolente, però, rimane sempre quello dei finanziamenti.
«La maggior parte delle sovvenzioni ci arrivano dalle collettività territoriali (Département de l’Aisne, Région Hauts de France, communauté de Communes) dai fondi europei come nel 2008, 2009 e 2010 e soprattutto dalla città di Marle; i fondi privati sono solo una minima parte. Purtroppo, da 3 anni a questa parte, i finanziamenti si sono nettamente abbassati e diventa sempre più difficile organizzare grandi manifestazioni, e il Festival di Marle rischia di scomparire».
Questo per dire che certi problemi non riguardano solo l’Italia…

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